Artaserse (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO PRIMO
 
 Recinto di alberi con la fontana del Sole nel mezzo. In lontananza da una parte padiglioni de’ persiani e dall’altra tende de’ greci. Nel fondo veduta di Susa.
 
 SCENA PRIMA
 
 ARTASERSE, IDASPE e SPIRIDATE
 
 ARTASERSE
 Dopo tante rovine e tanti affanni,
 ecco si terge, amici,
 dalle stanche pupille il lungo pianto.
 Ecco maturo il tempo, in cui si stringa
5tra la Persia e la Grecia
 per man di amor la sospirata pace.
 Idaspe, Spiridate, oggi a voi spose
 fian del vostro valor l’inclite spoglie,
 Aspasia e Berenice.
10Voi, nostri figli, al più gradito laccio
 preparate la destra e vi consigli
 al doppio nodo e necessario e degno,
 più d’un nostro comando, il ben del regno.
 IDASPE
 Signor, l’esser tuo figlio e tuo vassallo
15sono de’ miei voleri e gloria e legge.
 SPIRIDATE
 E quando mai giunge miglior la pace,
 se non quando è di pace araldo amore?
 IDASPE e SPIRIDATE
 Se Aspasia è mia, tu sei felice, o core.
 
 SCENA II
 
 CLEOMENE e i suddetti
 
 CLEOMENE
 Per man di Cleomene
20cangiata in caduceo l’asta guerriera,
 così presenta ad Artaserse Atene.
 ARTASERSE
 O mi sfidi agli allori
 o mi chiami agli ulivi,
 in grado eguale il greco nome onoro.
 CLEOMENE
25Aspasia... (Ah, miei sospiri,
 nimici al mio dover, tornate indietro).
 Le prigioniere, Aspasia e Berenice,
 sieno spose a’ tuoi figli. Il mio Senato
 (ahi proposta crudel!) così propone.
 ARTASERSE
30Figli, che rispondete?
 IDASPE
 Amor, rispondo, e pace.
 SPIRIDATE
                                              Io pace e amore.
 ARTASERSE
 Sia dunque amor, sia dunque pace. Ascolta. (Un soldato porta una face accesa)
 
    L’ire ammorzi al dio guerriero
 un sincero e forte obblio,
35come anch’io con salda fronte
 di quel fonte nel profondo
 questa ascondo accesa face;
 e la pace che assicuro
 qui ti giuro e qui prometto. (La getta nel fonte)
 
 CLEOMENE
40Per la Grecia l’accetto. (Cleomene prende l’asta di mano al soldato greco e la rompe nel mezzo)
 
    Della diva che a’ Greci sovrasta
 qui con l’asta si frange lo sdegno.
 Qui ’l tuo regno, qui Atene si vede,
 or la fede per sempre gli annodi. (Artaserse lega le due parti dell’asta con una fascia d’oro e poi anco Cleomene fa il suo nodo)
 
 ARTASERSE
 
45   Pronto a’ nodi ecco il core col braccio.
 
 CLEOMENE
 
 Al mio laccio ogni stella si aggiunga.
 
 ARTASERSE e CLEOMENE
 
 Così l’Asia alla Grecia il ciel congiunga.
 
 ARTASERSE
 Principi, ognun di voi meco s’impegni. (Idaspe e Spiridate fanno ancor essi il loro nodo all’asta)
 IDASPE e SPIRIDATE
 Stringa gli animi amor, la pace i regni.
 ARTASERSE
50Pace agli amici miei, pace a’ vassalli.
 Piacciati che la reggia
 te, qual ministro, a’ suoi riposi accolga.
 CLEOMENE
 (Perduta è Aspasia, o amori,
 ma taci, o cor. Servi alla Grecia e mori).
 ARTASERSE
55Dal campo venga in Susa
 Berenice contenta e con Aspasia
 sul vostro cor trionfi.
 Voi già vinceste assai; le principesse
 armate di beltà vincano anch’esse.
 
60   Vinse Marte pugnando col brando;
 col dardo d’un guardo
 or vinca l’amor.
 
    Di vaga bellezza
 servir al comando
65non scema fortezza
 né offende valor.
 
 SCENA III
 
 IDASPE e SPIRIDATE
 
 IDASPE
 Come ti giunge caro, o Spiridate,
 l’oracolo de’ fati.
 SPIRIDATE
 Il mio cor l’affrettò con mille voti,
70quando di Aspasia al piede
 volò pietoso e poi restovvi amante.
 IDASPE
 Di Aspasia!
 SPIRIDATE
                         Sì, ma qual pallor ti reca
 gli sconcerti dell’alme infin sul volto?
 IDASPE
 Odi e fa’ cor; l’amo ancor io.
 SPIRIDATE
                                                      Che ascolto!
 IDASPE
75Oh troppo egual desio!
 SPIRIDATE
 Misera simpatia!
 A DUE
                                   Gara infelice!
 IDASPE
 Alle nozze di lei più non aspiro.
 Perdonami se offendo
 un atto di virtù con un sospiro.
 SPIRIDATE
80E quel sospir me di crudele accusa.
 Tienti pure il tuo dono,
 Idaspe, io ti perdono.
 IDASPE
 Mi perdoni? Ah, così non dice il pianto
 e col pianto il dolor sugli occhi tuoi.
 SPIRIDATE
85Piango il destin che a noi
 di natura e di amor turba gli uffici.
 Colpa è l’esser rivali,
 pena è l’esser amici.
 IDASPE
 Dimmi, seppe il tuo ardor giammai la bella?
 SPIRIDATE
90Nel nimico finor l’amante ascosi.
 IDASPE
 E tal mi tacqui anch’io.
 Ma se il bene adorato
 rinunciar non si può senza cordoglio,
 senza rossore almen si cerchi. Aspasia
95scelga ella stessa in fra di noi lo sposo.
 SPIRIDATE
 Andiam. Co’ voti suoi essa decida
 a qual di noi più la fortuna arrida.
 A DUE
 
    Risolva quel labbro, pietoso o crudele,
 il nostro penare o il nostro goder.
 
100   Così nell’affetto restando fedele,
 avrò nel diletto maggiore il contento,
 avrò nel tormento un qualche piacer.
 
 SCENA IV
 
 BERENICE da’ padiglioni, con seguito di persiani
 
 BERENICE
 Quanto sei cara a Berenice, oh pace!
 Pur rivedrotti, Aspasia,
105te cui mi stringe alta ragion di sangue.
 E vedrò, dillo pur, dillo, cor mio,
 e vedrò Spiridate,
 mio dolce vincitor, caro nimico,
 Spiridate che adoro
110dal momento primier che fui sua preda.
 Ecco il giorno ch’io ceda,
 tolto l’orrore alla mia sorte. Adesso
 con più di libertà sperar mi giova.
 Adesso, Berenice,
115con più di speme il sospirar ti lice.
 
    Oggi volate, sì,
 al bel che m’invaghì,
 sospiri nel mio sen.
 
    Sì, volate e non tornate,
120se con voi
 un de’ suoi non viene almen.
 
 Stanze reali con trono.
 
 SCENA V
 
 AGAMIRA e LIDO
 
 LIDO
 Qui verrà, qui, signora.
 AGAMIRA
                                             Il re?
 LIDO
                                                          Artaserse
 e Cleomene seco.
 AGAMIRA
 Cleomene con esso?
 LIDO
125Il greco duce.
 AGAMIRA
                            (Il frutto
 delle viscere mie, l’amato figlio).
 LIDO
 Tanto ti turba il tuo amator vicino?
 AGAMIRA
 (Oh Artaserse! Oh Cleomene! Oh me felice!
 s’oggi sono consorte e genitrice).
 LIDO
130(Fuor di sé stessa esce per gioia).
 AGAMIRA
                                                               Lido,
 non giunge ancor?
 LIDO
                                     Verrà fra poco.
 AGAMIRA
                                                                  A lui
 va’, corri, vola. In un penoso indugio
 mai non sono all’amor pochi gl’istanti.
 LIDO
 Do l’ali al piè. Guai a chi serve amanti.
 AGAMIRA
 
135   Scuotesi e palpita
 tutta per giubilo
 l’anima in sen.
 
    Dal trono amabile
 baciar e stringere
140figlio e consorte,
 che dolce sorte!
 Che caro ben!
 
 SCENA VI
 
 ARTASERSE, CLEOMENE, AGAMIRA
 
 CLEOMENE
 Qual beltade, o signor?
 ARTASERSE
                                             Beltà che un tempo
 piacque e fu mia.
 AGAMIRA
                                   (Non mi osservò).
 ARTASERSE
                                                                      Ma stanco
145dal lungo godimento amor già langue,
 che non dee cor regnante
 di un solo oggetto arder servile amante.
 AGAMIRA
 (Qui si sorprenda). Oh sempre
 immortale Artaserse,
150mio re, mio nume, in su tua destra invitta
 lascia che tutt’ossequio e tutt’ardore...
 ARTASERSE
 La man ricuso a chi ritolsi ’l core.
 CLEOMENE
 Troppa fierezza. (Ad Artaserse)
 AGAMIRA
                                  Oh ciel! Son più Agamira?
 È sciagura? È delitto
155la pena mia?
 ARTASERSE
                           (Quanto è molesta!) Il chiedi...
 Ma che? Parli ’l tuo Arsace
 che reo dell’ire mie soffre il castigo
 di non più comparire agli occhi miei.
 Quelle parlino, ah, troppo
160segrete confidenze e quei... Ma basti.
 (Sempre all’infedeltà giova il pretesto). (A Cleomene)
 AGAMIRA
 (Il turba gelosia).
 CLEOMENE
                                   (L’arte io detesto).
 AGAMIRA
 Eh, sire, io senza colpa...
 ARTASERSE
 Non è lieve tua colpa il mio sospetto.
165Purghisi con la pena
 d’eterno esiglio; anzi che cada il giorno,
 esci di questa reggia, esci del regno.
 Non vo’ che la tua vista
 turbi ’l piacer degl’imenei vicini.
 AGAMIRA
170Partir sì tosto?
 ARTASERSE
                              Sì, che con la vita
 mi pagheresti ’l trasgredito impero.
 CLEOMENE
 (Iniqua legge!)
 AGAMIRA
                               (Empio decreto e fiero!) (Piange)
 ARTASERSE
 N’hai pietà, Cleomene? Or la consola.
 Dille che già l’amai ma più non l’amo,
175che il trono le promisi;
 ma quando mai serban la fé gli amanti?
 Dille che seco porti
 del nostro amor la rimembranza; e quando
 spiri altr’aure ramminga,
180pensi che il suo destino è mio comando.
 
    Sin che mi piacque, amai
 la luce di que’ rai,
 sembianze belle
 ma... non più quelle.
 
185   A voi mancò l’ardor.
 Che colpa ha poi l’amor,
 se spente sono
 le sue facelle?
 
 SCENA VII
 
 AGAMIRA e CLEOMENE
 
 CLEOMENE
 Quanto sono, Agamira,
190communi i nostri casi! Oggi ’l destino
 a Cleomene Aspasia, a te Artaserse
 invola. Ah, se spergiuro hai tu l’amante,
 se del regnar perdi la speme...
 AGAMIRA
                                                         Ah, questa,
 una perdita è questa
195atroce, inconsolabile, funesta.
 Oh fati avversi! Oh soglio!
 Soglio da me sinora
 con l’amor meritato e con la fede,
 posseduto co’ voti e con la speme,
200oggi così lasciarti? Ed io soffrirlo?
 Io partir? Cleomene...
 No no, svelisi ’l grande
 arcano del mio cor. Dario, mio figlio,
 son tue quest’onte, i miei furori ’l sono.
205Io a te la vita, a me tu serba il trono.
 CLEOMENE
 Io Dario? Io figlio tuo? Nel duol vaneggi.
 AGAMIRA
 No, non vaneggio; io ti son madre e quello,
 quello, che in sen ti bolle, è sangue mio.
 Ed oh gran parte non vi avesse ancora
210quel dell’iniquo padre,
 che allor meglio potrei sperar negletta,
 figlio, dall’amor tuo la mia vendetta.
 CLEOMENE
 Gran cose esponi.
 AGAMIRA
                                   E grandi ancor ne udrai.
 Sinché visse Statira, io di Artaserse
215fui donna e la più cara.
 Né con rossore il dico,
 perché illustre è il fallir, quando dal trono
 su l’error si riflette un qualche raggio.
 Mi lusingai d’allor che in questa destra
220dell’Asia si adorasse un dì lo scettro.
 L’empio il giurò. Da lui,
 sinché ad altra era sposo, ebbi speranze.
 Adesso l’incostante
 per consorte mi sprezza e per amante.
 CLEOMENE
225Grave offesa! Ma come
 io fuor del ciel natio? Perché in Atene?
 Perché di Cleomene il nome porto?
 AGAMIRA
 Tra mille donne al regio amore elette,
 una sola è regina e sol feconda
230di successori ’l trono. Ogni altro parto
 si stima ignobil prole
 e, s’è parto maschil, s’ancide in cuna.
 Così comanda nella persa corte
 troppo severa gelosia di regno
235che paventa che un giorno i falsi figli
 non movan guerra al vero sangue e allora,
 del regio nome il vecchio onor macchiato,
 non sieda in trono un successor bastardo.
 Io te, madre pietosa, appena nato,
240tolgo alla dura legge;
 ti consegno ad Arsace, il mio fedele
 che ti guida in Atene. Ivi crescesti
 col nome di Cleomene,
 dalle vittorie tue reso già illustre.
245Dario, viscere care, ecco una madre
 la più amorosa e la più afflitta insieme.
 La mia gloria tu sei, tu la mia speme.
 CLEOMENE
 Cieli, quai casi ascolto!
 AGAMIRA
 Ecco quella che un tempo
250leggi impose alla Persia e al rege istesso.
 Misera! Or dov’è il regno? Ove i vassalli?
 Perdei l’onore, il soglio e la vendetta.
 Ma forse ancor nulla perdei né ancora,
 te vivo, te presente,
255l’ingiuria soffrirò del duro esiglio.
 Odimi; ho partorito; e tu sei figlio.
 CLEOMENE
 Madre, questa è la prima
 volta che il dolce nome esce del labbro;
 son le nostre sciagure acerbe e grandi;
260ma che far puossi?
 AGAMIRA
                                     Un colpo,
 un colpo che sia degno
 del tuo ardir, del mio sdegno.
 Mora l’infido sposo e gli empi figli!
 Eccoti la vendetta.
265Tu lo devi eseguire. Ecco il ministro.
 CLEOMENE
 Io del sangue del padre e de’ fratelli
 bruttarmi iniquamente?
 E mi spinge e mi sprona
 una che pur è sposa, una ch’è madre?
 AGAMIRA
270Madre infelice e ripudiata sposa,
 dimando una vendetta utile e giusta.
 E tu tremi? E ti arresti, anima vile?
 CLEOMENE
 Non mi arresta viltà; ragion mi ferma.
 AGAMIRA
 Giusta ragion mai non protegge un empio.
 CLEOMENE
275Protegge un empio ancor, quand’egli è padre.
 AGAMIRA
 Chiami padre un carnefice? Fratelli
 color che a te di pugno
 rapiscono lo scettro e che fra poco
 ti rapiranno Aspasia? Aspasia che ami?
280Diman, diman, se tardi, ella fia sposa.
 CLEOMENE
 Ciel!
 AGAMIRA
             Che risolvi?
 CLEOMENE
                                     Oh dio! Donami ancora
 qualche momento. Il cor non può sì tosto
 perder la sua innocenza.
 AGAMIRA
 Sì sì, ti lascio a consultar te stesso.
285Vanne ad Arsace. Ei pure
 ti assicuri mio figlio
 e d’aita ti serva e di consiglio.
 
    Mostrami un cor più forte,
 se brami di goder.
 
290   L’inutile rimorso
 remora è della sorte
 e tarlo è del piacer.
 
 SCENA VIII
 
 CLEOMENE e poi ASPASIA
 
 CLEOMENE
 Qual goder può sperarsi
 con la colpa nel sen? Regno, cui base
295sieno stragi e rovine, io ti detesto.
 Aspasia, Aspasia. Eccola appunto. Oh dei!
 Ragion vacilla e voi ne siete i rei.
 ASPASIA
 Che fra l’attico avesse e il perso impero
 l’ira a deporsi ed a cangiarsi ’l cieco
300furor dell’armi in amichevol pace,
 io il credea, Cleomene;
 ma ch’io stessa, io di Ciro
 vedova sconsolata, esser dovessi
 di questa pace vittima e trionfo,
305io consorte ad un figlio
 di chi ’l dolce consorte, oh dio, mi uccise!
 e che di questo abbominevol nodo
 il pronubo tu fossi,
 tu che mi amasti o mel fingesti almeno,
310oh questo sì che m’empie
 d’ira, d’orror, di maraviglia il seno.
 CLEOMENE
 Regina, a che mi accusi
 di un mal ch’è pena mia? Di te dispose
 il Senato di Atene.
315Ubbidì Cleomene.
 ASPASIA
 Duce, in Atene onoro
 la patria mia; ma da che fui regina,
 libero io sola ho del mio cor l’impero.
 Io ne’ principi figli
320del crudele Artaserse
 odio il sangue, odio il padre, odio un nimico
 che sposo e regno e libertà mi tolse.
 Alle nozze di Aspasia
 servir dee l’odio e non l’amor di guida.
325E quando altro non possa,
 saprò tormi all’oltraggio
 e di Stige varcar l’onda fatale,
 ombra non vile ed al mio sposo eguale.
 CLEOMENE
 (Innocenza, ragion, chi ti sostiene?)
330Tanto implacabil sei?
 ASPASIA
                                          Va’, Cleomene.
 CLEOMENE
 
    Tornando a vagheggiarvi,
 sperai qualche conforto al mio martoro,
 occhi dell’idol mio che tanto adoro.
 
    Ma irati in rimirarvi,
335foste all’afflitto cor
 oggetto di dolor, non di ristoro.
 
 SCENA IX
 
 ASPASIA
 
 ASPASIA
 Cor di Aspasia che in volto
 spargi fiamme di sdegno e vampe d’ira,
 dimmi, sei tu quel fiero
340inimico di amor ch’esser ti vanti?
 O sei tu ancor fra gl’infelici amanti?
 Sì, bellissime luci
 del mio... Ma taci, incauta lingua, un nome
 che amato è pena e ricordato è colpa;
345e il tuo silenzio, o core,
 di supplizio ti serva e di discolpa.
 
    Ti giova pur poco
 negar il tuo foco,
 oh povero cor!
 
350   Tu peni, tu taci,
 tu ascondi le faci
 ma senti l’ardor.
 
 SCENA X
 
 IDASPE, SPIRIDATE e ASPASIA
 
 IDASPE
 Amabile regina...
 SPIRIDATE
                                   Illustre Aspasia...
 IDASPE
 Ecco al tuo piè due cori.
 SPIRIDATE
355All’onor del tuo letto ambi rivali.
 IDASPE
 Qui l’assenso si chiede o qui ’l rifiuto.
 SPIRIDATE
 Tutto per bel favor de’ labbri tuoi.
 A DUE
 Lo sposo a tuo piacer scegli fra noi.
 ASPASIA
 Voi, figli di Artaserse, amate Aspasia?
 IDASPE
360Con la fede più pura...
 SPIRIDATE
 Col più tenero amor...
 ASPASIA
                                           Questo mi è pena.
 Io sol godo in odiarvi;
 e per meglio goderne,
 vorrei potervi odiar senza rimorso.
365Se il vostro amor mi scema un gran piacere
 col scemar la giustizia all’odio mio,
 odiatemi, vi prego. (Ah, che diss’io?)
 IDASPE
 Sì sdegnosi, o bei labbri?
 SPIRIDATE
 Lucide stelle, al nostro amor sì avverse?
 IDASPE
370Se amar...
 ASPASIA
                      Tacete. Ciro,
 Ciro il mio re, Ciro il mio sposo, estinto
 per man del vostro iniquo padre, ahi cadde!
 Cadde. Io lo vidi; e voi,
 rei di tanti miei mali,
375scellerate richieste, empie speranze!
 pretender nozze, protestare amori?
 (Perdona a un crudo onor, cor mio, se mori).
 IDASPE
 Re, sì, ma re vassallo
 Ciro si armò contro la Persia.
 SPIRIDATE
                                                       E seco
380trasse la Grecia a noi nimica in guerra.
 ASPASIA
 E nimici di Aspasia ora voi siete.
 IDASPE
 In che peccammo?
 SPIRIDATE
                                     Alfine
 i mali, onde ti lagni,
 sono colpa del padre e non de’ figli.
 ASPASIA
385Or via, voglio anche in onta
 del mio giusto furor dirvi innocenti.
 Vostra mi amate? Il sono.
 Valore avete e amor? Quella fortuna,
 che ognun di voi va del mio cor cercando,
390si decida.
 IDASPE e SPIRIDATE
                     Da chi?
 ASPASIA
                                      Dal vostro brando. (Idaspe e Spiridate danno mano alla spada)
 Quegli che l’altro sveni or del mio core,
 scemandomi un nimico, abbia l’amore.
 Vi avvilite? Tacete? E paventate?
 IDASPE
 Orror ma non viltade è il mio tacere.
 SPIRIDATE
395Temer una empietade è un bel temere.
 ASPASIA
 Ditemi, è valor questo? È questo amore?
 IDASPE
 Provalo in altro caso e lo vedrai.
 ASPASIA
 Ecco il caso. Mirate. Questo acciaro (Dà di mano ad uno stilo)
 al vostro amore ha da servir di strale. (Lo pianta sul trono)
400Su via. Chi di voi primo
 lo raccoglie, lo stringe e poi lo vibra
 in quel core, in quel seno, ei le mie labbra
 più non udrà sdegnose.
 Più non vedrà queste mie stelle avverse.
 IDASPE
405Qual è il cor?
 SPIRIDATE
                           Qual è il sen?
 ASPASIA
                                                      Quel di Artaserse.
 
    Voi tacete? Rispondete.
 Del tuo labbro ov’è la fede?
 
    Dov’è il tenero tuo amore?
 Dov’è il core
410che portaste ambi al mio piede?
 
    Voi né meno mi mirate?
 Poi direte che mi amate?
 Eh quest’alma non vi crede.
 
 SCENA XI
 
 IDASPE e SPIRIDATE
 
 IDASPE
 Crudel, così ne lasci
415col vivo orror d’una proposta indegna?
 SPIRIDATE
 E col dolor d’un disperato affetto?
 IDASPE
 Oh barbaro destino!
 Il perderti è una morte.
 SPIRIDATE
 L’acquistarti è un’infamia.
 IDASPE
420Io temo, eccelsi numi,
 io temo l’amor mio, temo me stesso.
 Difendetemi voi da un tanto eccesso.
 SPIRIDATE
 Mi martirizza il seno
 un dovere, un amore.
425Aspasia, genitor, chi di voi vince?
 Ma se dubito ancora, io ben lo veggio,
 ho core, ho cor per appigliarmi al peggio.
 IDASPE
 Spiridate, che pensi?
 SPIRIDATE
 Idaspe, che risolvi?
 A DUE
430Si ami Aspasia, ch’è forza.
 IDASPE
 Ma trionfi ragion.
 SPIRIDATE
                                    Vinca virtude.
 IDASPE
 Questa man tel conferma.
 SPIRIDATE
 Questo amplesso tel giura.
 IDASPE
 Sì, mio diletto. Oggi ne veda il mondo
435in mezzo a un doppio amor saldi e costanti,
 miseri, sì, ma non infami amanti.
 
    Amando in bel volto
 due luci serene
 per premio di fede
440sperai di goder.
 
    Ma s’empio ei mi chiede,
 già il laccio è disciolto,
 la gioia e la spene
 imparo a temer.
 
 SCENA XII
 
 SPIRIDATE, poi BERENICE
 
 SPIRIDATE
445Oh ferro! Oh rio stromento (Guardando lo stilo)
 di un colpevole amor! Con questa destra... (Corre a torlo dal trono)
 BERENICE
 Che tenti, Spiridate?
 In te stesso infierir?
 SPIRIDATE
                                        Tormi dagli occhi
 un orribile oggetto, un fatal dono.
450Vanne, acciaro crudel, vanne e ti segua
 la memoria di Aspasia
 e dell’averla amata il pentimento.
 BERENICE
 Amasti Aspasia? (Io son gelosa, il sento).
 SPIRIDATE
 Berenice, io la perdo.
 BERENICE
455Te la toglie il fratel?
 SPIRIDATE
                                       No, la ragione;
 e in perder lei l’alma m’è quasi uscita.
 BERENICE
 Piango al tuo pianto, o prence.
 (Deh, perché non mi lice il dir: «Mia vita»).
 SPIRIDATE
 Troppo pietosa sei verso il mio core.
 BERENICE
460Mi fa pietosa... (Il vo’ dir piano: «Amore»).
 Ma più non ami Aspasia?
 SPIRIDATE
 
    Fu sinora il suo bel nome
 dolce oggetto del mio affetto
 e del sen delizia cara
 
465   fu sinora; or non so come
 mi dà pena, mi avvelena
 con memoria troppo amara.
 
 SCENA XIII
 
 BERENICE
 
 BERENICE
 Leggi dell’onestà, siete pur crude!
 Spiridate protesta
470che più non ama Aspasia. Ah perché mai
 non darmi libertà di dirgli: «Io t’amo»?
 Povero sesso! O quanto grave a noi,
 quant’aspra a’ nostri amori è la virtude!
 Leggi dell’onestà, siete pur crude!
 
475   Se si potesse amar
 e amando sospirar senza rossor,
 saria pur dolce amor.
 
    Ma quel dover soffrir,
 senza poter scoprir almen l’ardor,
480è troppo il gran dolor.
 
 Anfiteatro per gli spettacoli, illuminato in tempo di notte.
 
 SCENA XIV
 
 ARTASERSE, ASPASIA, BERENICE, IDASPE, SPIRIDATE e CLEOMENE in macchina. AGAMIRA in disparte
 
 AGAMIRA
 È furore, è vendetta, è gelosia,
 questa che il cor m’accieca e il piè mi guida?
 Nodrirò la mia doglia
 con l’oggetto crudel dell’altrui gioie?
485Ah pompe, indegne pompe,
 se al mio sen rinovate
 la memoria crudele
 di amor spergiuro e d’imeneo fallace! (Comparisce la macchina della Pace e d’Imeneo)
 ARTASERSE
 
    Agli ulivi della pace
490i suoi mirti amore innesti;
 ed il ciel più lume appresti
 all’ardor della sua face.
 
 CORO
 
    Agli ulivi della pace
 i suoi mirti amore innesti;
495ed il ciel più lume appresti
 all’ardor della sua face. (Segue il ballo. Scendono tutti dalla macchina)
 
 ARTASERSE
 Aspasia, Berenice, a voi ragiona
 la Grecia che vi è madre,
 la Persia che vi è amica e il ciel cortese.
500Scelgasi tra’ miei figli
 da voi lo sposo.
 BERENICE
                               E torni
 al patrio cielo il suo primier sereno.
 ARTASERSE
 Nulla Aspasia risponde?
 ASPASIA
 Risponde il core e la risposta è in seno.
 ARTASERSE
505Men di rigor tu le consiglia omai. (A Cleomene)
 CLEOMENE
 Deh, per pubblico ben si adempia il fato
 e si obbedisca Atene. (Ad Aspasia)
 ASPASIA
 (E il dice Cleomene!)
 CLEOMENE
 (Questo della mia speme è il punto estremo).
 ASPASIA
510Ch’io scelga?
 IDASPE
                           (Io temo e spero).
 SPIRIDATE
                                                              (Io spero e temo).
 ASPASIA
 Scelga pur Berenice.
 CLEOMENE
 No, scelga Aspasia.
 ASPASIA
                                     (E Cleomene il dice!)
 BERENICE
 Cedo di Aspasia al grado.
 ASPASIA
 Scelgasi pur...
 
 SCENA XV
 
 LIDO e i suddetti
 
 LIDO
                             Signor, con questo foglio
515a te s’inchina Arsace,
 Arsace che di corte esule afflitto
 la grazia ognor sospira,
 non so se di Artaserse o di Agamira.
 ARTASERSE
 Insidie al viver mio! Leggete, o figli.
 IDASPE
520«T’insidia un traditor la vita e il regno.
 Saprai l’indegno allor che al regio piede
 si prostri e umil ne chiede i cenni Arsace».
 La vita e il regno? Oh vergognoso eccesso!
 SPIRIDATE
 Esecrabile ardir!
 CLEOMENE
                                  (Perdei me stesso).
 AGAMIRA
525(La mia vendetta è il ciel).
 ARTASERSE
                                                   Torna ad Arsace
 e nelle stanze mie tosto lo guida.
 LIDO
 (Questo è l’uso di corte;
 pecca taluno e poi,
 scoprendo i falli altrui, cancella i suoi).
 ARTASERSE
530Meco venite, o prenci. (Si parte)
 SPIRIDATE
 Ceda al dover l’amore. (Si parte)
 IDASPE
 Perdona s’io ti lascio, amabil ciglio.
 Pria che tuo amante, io son vassallo e figlio. (Si parte)
 BERENICE
 Seguo l’idolo mio. (Si parte)
 CLEOMENE
                                     Corro alla madre. (Veduta Agamira, con la quale si ferma ragionando)
 ASPASIA
535Ah, sventurato petto!
 Te combatte la gloria e te l’affetto.
 
    Odio il foco e tutta avampo.
 Cori, chi dir mi sa
 se questa è crudeltà
540o pur è bizzarria.
 
    Sdegno il laccio e poi v’inciampo.
 Cori, chi dir mi sa
 se questa è cecità
 o pur è frenesia.
 
 SCENA XVI
 
 CLEOMENE e AGAMIRA
 
 CLEOMENE
545Purtroppo, o genitrice,
 purtroppo io son tradito e tu perduta.
 Vidi Arsace, mi accolse e me tuo figlio
 giurò su la sua fede. A lui mi scopro
 di Aspasia amante, a’ principi rivale.
550Chiedo aita per te, per me la chiedo.
 Allor cangiarsi io vedo
 gli atti cortesi in ritrosia feroce
 e con torbido ciglio
 il suo braccio mi nega e il suo consiglio.
 AGAMIRA
555Mal ti fidasti; e quell’infausto foglio
 che scrisse ad Artaserse,
 quello è il periglio nostro.
 Ma perduti non siam, se sei audace.
 Vanne, previeni Arsace; e pria ch’esponga
560noi di Artaserse all’ira,
 tu sollecito e cheto
 uccidi entro quel seno il tuo secreto.
 CLEOMENE
 Io traditor?
 AGAMIRA
                         Pensa che Aspasia anch’essa
 temer dovrà di un re crudel lo sdegno.
 CLEOMENE
565Mora l’amico indegno.
 AGAMIRA
 Sì, principia in Arsace
 l’opra fatal; poi di Artaserse al petto
 volgi ’l ferro, apri ’l cor, spargine il sangue.
 CLEOMENE
 Il sangue?
 AGAMIRA
                      Sì, che gli ostri a te colori.
 CLEOMENE
570Il core?
 AGAMIRA
                 Sì, dove tua morte è scritta.
 CLEOMENE
 Il ferro?
 AGAMIRA
                   Sì, che poi si cangi in scettro.
 CLEOMENE
 Il padre?
 AGAMIRA
                    Sì, che già ti volle estinto.
 CLEOMENE
 Il padre, no, ma per Arsace hai vinto.
 AGAMIRA
 
    Se al crudo mio dolor
575vedo la sorte unir
 di morte anco il timor,
 io nol so più soffrir.
 
    Da te la madre aspetta
 la vita e la vendetta,
580se in te di figlio il cor
 si sente intenerir.
 
 SCENA XVII
 
 CLEOMENE
 
 CLEOMENE
 Odimi, o ciel, se pure
 merta del ciel l’orecchio un tradimento.
 La madre offesa e il mio timor presente
585ma, più d’ogni altro, amore,
 anche senza sperar, mi rende audace
 e il periglio di Aspasia uccide Arsace.
 
    Amor fedele
 mi vuol crudele, il so.
 
590   A una madre sì tradita
 non si dee negar aita;
 ma negarla all’idol mio
 non si deve e non si può.
 
 Il fine dell’atto primo